Come abbiamo innovato un mercato fermo da secoli

La storia di due ragazzi, una promessa e un sogno diventato realtà nel cuore di Roma.

Quella sera avevo tutto.
Tranne me stesso.

Era un sabato sera.

Fuori, Roma vibrava. Motorini, locali pieni, risate ovunque. Avevo sedici anni, ma dentro mi sembrava di averne trenta.

Chiusi il laptop dopo l’ennesimo video su business e start-up. Nella stanza, solo il ronzio del neon.

Non avevo voglia di uscire. Né di distrarmi. Sentivo addosso quella strana pressione. Come se il tempo mi stesse passando addosso.

Ero lì, a fissare il soffitto.
Mille domande in testa: "Che cosa sto facendo? Dove sto andando? È tutto qui?"

Poi quella frase. Appena sentita in un video:

"Tra tre anni, la tua vita sarà irriconoscibile."

Non era una promessa. Era un ultimatum.

E io decisi di accettarlo.

Come tutto è iniziato.

Sedici anni. Quando l’ambizione massima per gli altri è uscire il sabato e raccontarlo il lunedì.


Io no. Io ero in loop su video di imprenditori, articoli su start-up, modelli di business. Cercavo risposte. Fame vera.

Poi c’era Tommaso.

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Io ossessionato dalle aziende. Lui dagli orologi. Ore e ore su forum, video, blog. Parlava di modelli come se raccontasse leggende. Aveva una precisione chirurgica. Una dedizione che ti metteva in soggezione.


Eravamo diversi. Ma funzionavamo alla grande.


A scuola eravamo quelli strani. Sempre attaccati, sempre a scrivere idee, parlare di futuro, immaginare aziende. Io guardavo lontano. Lui vedeva ogni singolo dettaglio.

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Un'idea folle.

Che aveva tutto per funzionare.

Un giorno, in classe, stavamo buttando giù l’ennesimo piano: un laboratorio diverso. Mai visto prima. In Italia, non esisteva nulla del genere.


Un laboratorio solo per l’alta orologeria. Niente vendita. Solo riparazioni, revisioni, rigenerazioni. Tutto visibile. Tutto chiaro.


Appena entri, capisci che ogni dettaglio è stato pensato. Perché ogni intervento merita rispetto.

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Un'idea folle, ci dicevano. In Italia non si può. “A nessuno interessa realmente di riparare il proprio orologio”. “Gli orologi si vendono e basta”.


Ed è proprio lì che abbiamo capito che stavamo facendo la cosa giusta.


Il prof ci becca, ci strappa il foglio.

- “Cos’è questo?”

- “Un progetto. Vogliamo cambiare l’orologeria in Italia.”

La classe ride.


Quel giorno non dissi nulla. Ma dentro di me qualcosa si accese.


Mi promisi che un giorno quelle risate sarebbero diventate silenzio.

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Quando smetti di sognare e inizi a costruire.

Poi una sera, arriva una foto da mia madre. Io e Tommaso. Sedicenni. Sguardo acceso. Fuoco negli occhi.

Mi prende allo stomaco.

Lo chiamo. Parliamo per ore. Alla fine ci diciamo solo:

“Basta. Si fa.”

Zero investitori. Zero appoggi. Zero piani di emergenza.

Solo due ragazzi. Un’idea. E Roma.

Stava tutto per svanire…

Poi una sera, arriva una foto da mia madre. Io e Tommaso. Sedicenni. Sguardo acceso. Fuoco negli occhi.

Mi prende allo stomaco.

Lo chiamo. Parliamo per ore. Alla fine ci diciamo solo:

“Basta. Si fa.”

Zero investitori. Zero appoggi. Zero piani di emergenza.

Solo due ragazzi. Un’idea. E Roma.

Il primo orologio non si scorda mai.

Era tutto storto. Tavolo graffiato, strumenti presi online. Il laboratorio sembrava un ripostiglio. Ma avevamo fame.

Il primo cliente porta un vecchio automatico. Non valeva niente per il mercato. Ma per lui valeva tutto.

“E’ rotto ma non riesco a buttarlo. Era di mio padre, lui ora non c’è più”

Tommaso si mette al lavoro. Io organizzo ogni dettaglio. Ogni passaggio spiegato, mostrato. Chirurgico. Quando glielo riconsegniamo, il cliente si blocca. Ci guarda. Occhi lucidi. E dice solo:

“Grazie”

In quel momento abbiamo capito: non stiamo sistemando orologi. Stiamo sistemando qualcosa dentro le persone.

E lì si è accesa la miccia.

Passaparola, clienti nuovi ogni settimana, da uno al mese a cinquanta. Ma la testa? Sempre alla stessa domanda:

“Cosa rappresenta per lui questo orologio?”

Ogni pezzo che entra ha una storia. E spesso arriva dopo settimane di ricerca, dopo preventivi incerti, dopo la paura di lasciarlo a chi non sa davvero cosa ha tra le mani. 

Noi siamo qui per rispettarla. E per togliere quella paura.

Contro tutti. Anche contro noi stessi.

“Troppo giovani.” “Troppo nuovi.” “Non dureranno.”

Lo sentivamo. Forte. E ogni volta era una fucilata. Ma ogni volta ci faceva stringere di più i denti.

Eravamo due ragazzini con la fame negli occhi. Ma non fame di soldi, fame di dimostrare che si può fare qualcosa di serio, anche partendo da zero.

Tommaso si è formato con una costanza fuori dal comune. Ha imparato dai migliori in Europa, spingendo ogni giorno più in là. Io intanto mi chiudevo in un ufficio, ossessionato. Ogni singolo dettaglio su come si costruisce un’azienda vera, l’ho studiato, testato, fatto mio.

Anche quando tutto sembrava andare storto, continuavamo. Nessuna certezza, ma nemmeno un passo indietro.

Poi entrava qualcuno. Con un orologio in mano e gli occhi pieni di ricordi.

“L’ho preso dopo aver venduto la mia prima azienda.” “Era il regalo per il mio matrimonio.” “Me lo ha lasciato mio nonno prima di andarsene.”

In quei momenti, tutto tornava.

Non potevamo mollare.

Perché ogni volta che riportavamo in vita un orologio, stavamo facendo molto di più.

Stavamo ridando spessore, anima, potenza emotiva a qualcosa che il mondo aveva dimenticato di guardare. Un pezzo di vita. Un frammento d’identità che merita di tornare a battere.

Poi entrava qualcuno. Con un orologio in mano e gli occhi pieni di ricordi.

Nel 2025, il salto. Quello vero.

Abbiamo costruito il laboratorio che in Italia nessuno aveva mai avuto il coraggio di immaginare.


Niente showroom. Nessuna vendita. Solo una porta discreta, nel cuore di Roma.


Ma dentro—un altro mondo.

Laboratorio in vista. Ogni vite, ogni leva davanti agli occhi di chi entra.


Qui non vendiamo. Qui rigeneriamo. E lo facciamo con quella trasparenza che tutti promettono, ma pochi mantengono.


Check-up gratuito ogni anno. Pezzi originali, sempre. Nessuna scorciatoia.


Arrivano da Milano, Napoli, Palermo. Non perché siamo comodi.

Ma perché qui ogni millimetro conta. E perché quando ti riconsegniamo il tuo orologio, non torni solo a casa con un oggetto sistemato.


Ci torni con una fiducia nuova.


E negli occhi di chi lo riceve, quella fiducia la vediamo. Sempre.


Oggi Orologiaus è più di un laboratorio.

È casa per chi cerca rispetto, precisione, verità.

Ogni orologio ci ricorda da dove veniamo.

Due ragazzi, zero scorciatoie, mille ostacoli. Ma una direzione chiara.

Non ripariamo orologi.

Ridiamo vita a quello che rappresentano.

Ogni scelta che facciamo - ricambi originali, tracciabilità, contatto umano - serve a una cosa sola:

Onorare la storia dietro ogni lancetta.

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